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Malcontento venetista: Renzi pensa ad un'eventuale via del dialogo |
Bandiere raffiguranti leoni alati garriscono al vento. La prosopopea
dell'Indipendensa si sta manifestando nelle piazze venete, dopo i risultati
del sondaggio (più che referendum) online, promosso dal gruppo venetista Plebiscito.eu,
circa la possibilità di abbandonare l'Italia e i legami politici, istituzionali
ed economici con lo Stivale.
Sembra che i favorevoli alla scissione siano stati più di due milioni
(anche se per la Questura, alla fine, saranno poco più di 500'000...);
esattamente 2'102'969, pari all'89% dei votanti, contro i 257'276 “no” (10,9%),
decretando, così, una vittoria schiacciante e indiscussa.
Quindi, si corra verso i confini, si istituiscano delle dogane (perché
pare proprio che questa nuova Repubblica veneta sarà la meta più ambita
d'Europa: un vero paradiso terrestre, ricco di lavoro, servizi efficienti e
prosperità, e privo di tentazioni serpentesche e diaboliche, come corruzione,
lavoro “nero”, evasione fiscale e squallidi clientelismi), si crei il nuovo
parlamento, si bandisca la “moneta innominabile” (dando vita ad un nuovo conio,
più congeniale alla situazione, e che magari richiami questo nuovo benessere,
come ad esempio, non so, la “veneta”: una valuta forte e competitiva, che darà del
filo da torcere a dollaro e yen!), si restituisca al dialetto la dignità che
merita (come accadde per il volgare, che dal XIV secolo in poi cominciò a
spodestare il latino)... Insomma, si rinasca, ma da soli!
A parte gli scherzi, l'entusiasmo “dal Garda ridente alla chiara
Laguna” (come cantava l'Anonima Magnagati) è tangibile e sotto gli occhi di
tutti.
Ma è davvero tutto così semplice e c'è davvero tutta questa
eccitazione?
Nonostante il governatore Luca Zaia assicuri che: “Il diritto
internazionale ci dà ragione”, pare che, al momento, la Costituzione (e non solo) impedisca
la manovra secessionista, con buona pace di indipendentisti, “macroregionisti”
e leghisti (sì, perché, per quanto molti definiscano tale sondaggio apolitico e
apartitico, è innegabile la correlazione con le ideologie e i propositi di
Lega, Liga e il resto dell'armata Brancaleone –alato, ovviamente!–). Per non
parlare delle modalità di voto con cui sono stati raggiunti questi risultati:
la procedura online, infatti, non pare assicurare la limpidezza e la certezza
di “un solo voto per ciascuna persona”, con il fantasma delle identità fittizie
e dei “Mario Rossi” di turno sempre dietro l'angolo, rischiando di trasformare
il poderoso ruggito in un flebile miagolio (nonostante i promotori abbiano garantito,
sul proprio sito, che: “Nei prossimi giorni saranno disponibili tutti i
dettagli sui voti, le aree locali, i candidati, i quesiti collaterali.”)
Da cittadino italiano e veneto, non credo che l'indipendenza della
regione possa risolvere i problemi economici e sociali dei suoi abitanti,
precipitati (come il resto d'Italia) in una crisi dovuta anche alla cattiva
gestione delle imprese non solo da parte dello Stato (e dei suoi rappresentanti), ma degli stessi
imprenditori, eretti recentemente a nuovi martiri e santi: anime bianche, mosse
solo ed esclusivamente dallo spirito di sacrificio e dal rispetto della legge,
prede inermi della belva statale e delle sue fauci affilate (altrimenti dette
“tasse”).
La speculazione economico-lavorativa operata, negli scorsi decenni, da
alcune aziende (anche) nord-orientali ha sicuramente e in parte contribuito ad
avviare questo tragico declino.
Inoltre, a livello di diplomazia, trattativa e commercio
internazionali, si rischierebbe di sprofondare nell'anonimato e nell'oblio,
compromettendo ulteriormente la nostra posizione economica e politica.
Tuttavia, trovo assolutamente sbagliata la scelta dei media italiani
di sottovalutare, per non dire ignorare completamente, l'iniziativa
indipendentista, sintomo inconfutabile di un malcontento e di una rabbia non
indifferenti.
Penso, inoltre, che anche il Governo dovrebbe prendere atto di questi
risultati (falsati o meno), considerando la gravità (intesa come "importanza") dell'obiettivo proposto e l'intenso malumore che, al di là del
desiderio di autonomia, serpeggia nel Nordest (e non solo), rivalutando una
regione che comunque (senza parlare di “Locomotiva d'Italia” ed epiteti vari)
ha giocato, bene o male, un ruolo determinante nello sviluppo italiano dal
secondo dopoguerra ad oggi.
Ciò non vuol dire, come detto, che i virtuosi si trovano solo in
Veneto e che il resto della Penisola è abitato da farabutti e fannulloni, ma
credo sia giusto riconoscere anche a questa regione (come alle altre) la
dignità che merita, evitando le anacronistiche e surreali idee di
divisione, cercando, piuttosto, di remare tutti verso la medesima direzione e
facendo sentire (giustamente) la propria voce, con la speranza di ritrovare la
rotta migliore.
L'Italia si può risollevare e il leone alato dev'essere un valido
alleato, non un ostico concorrente.
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