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Il pifferaio tragico (nuova edizione, vecchio risultato) |
Il
programma, dopo un anno di stop, è subito ripartito con punteggi
d’ascolto abbastanza rilevanti, toccando, in seconda serata, il 35%
di share.
Detto
ciò, la mia domanda è la seguente: come fa il Grande
Fratello,
programma trito e ritrito, dove l’unica novità offerta è data dal
ricambio stagionale dei concorrenti, dove non c’è alcun contributo
culturale, dove gli inquilini della Casa
rappresentano (il più delle volte, per non dire sempre) il peggior
stereotipo dell’italiano medio (caratterizzato, a prescindere dal
sesso, da un fisico tendenzialmente tonico e palestrato, da una
gestione claudicante e confusa della lingua e della sintassi italiana
e da un livello di “tamarraggine” in grado di far impallidire il
più burino dei “lampadati”) ad avere ancora così tanto
successo?
La
risposta che mi sono dato tocca tre punti:
- in primo luogo, la curiosità: “So perfettamente che sarebbe molto meglio afferrare (schifato) il telecomando e premere il tasto off per terminare questa lobotomizzante agonia televisiva, dedicandomi piuttosto alla lettura di un buon libro o di un buon quotidiano; ma voglio rimanere sintonizzato per sentire cos’ha da dire quel tizio nerboruto con cinque piercing e un “I love liberty” tatuato sull’avambraccio… Forse, dato che l’abito non fa il monaco, mi sbalordisce con un’arguta considerazione sullo sfacelo socio-culturale che stiamo vivendo… O, ancora meglio, inizia ad insultare il suo compagno d’avventura, dandogli del "coglione", e magari ci scappa anche qualche spintone e qualche schiaffo!”;
- in secondo luogo, l’attrazione visiva. “Ragazza tutta curve, bocca carnosa, occhi di ghiaccio, capelli morbidi come la seta che sculetta e starnazza… So che è l’ennesima mercificazione della donna in TV, che non bisogna fermarsi all’aspetto fisico, che la bellezza non è tutto e sarebbe bene pigiare quel benedetto tasto off del telecomando per manifestare, nel mio piccolo, un seppur minimo dissenso… Ma, d’altra parte, guarda che culo che c’ha questa!!!”;
- in terzo luogo, il dileggio: “I concorrenti non sanno esprimersi, usano vocaboli a caso, magari forzatamente ricercati, sperando forse di impressionare il pubblico (ed effettivamente certe uscite fanno abbastanza impressione…), non sembrano conoscere l’esistenza del congiuntivo e lanciano acuti strilli ogniqualvolta, dalla Casa, vedono inquadrato qualche parente in studio (se poi l’accoppiata è madre-figlia, abbassate il volume al minimo oppure mettete in salvo la cristalleria!)… E vedendo il trionfo dell’ignoranza e della superficialità, mi compiaccio delle quattro cose che so, considerandomi un genietto e commiserando, all’ombra di un ghigno sardonico e saccente, quei poveri dementi. Il loro analfabetismo nutre la mia autostima, nonostante al mondo ci siano cinque miliardi di persone migliori di me… Ma al momento siamo io, il televisore e un buzzurro che mostra il bicipite e dice: “A me la palestra mi fa bene! Penso che è intransigente e penso che mi da (lui l'avrebbe scritto così, senza accento) gioia!”, e in questo momento quei 5 miliardi di persone non mi interessano.”
Ecco,
dunque, perché programmi come il Grande
Fratello,
come Uomini
e Donne,
come Avanti
un altro, come Pomeriggio Cinque hanno tanto successo rispetto ad altre trasmissioni molto più
formative e utili come Tv
Talk,
come Per
un pugno di libri,
come Sostiene
Bollani,
come Le
storie – Diario italiano
o come Passe-partout
(delle quali, le ultime due sono state cancellate).
Lo
spettatore non ha più voglia di imparare, perché imparare è
piacevole ma faticoso; quindi preferisce rimanere a sguazzare nella
sua ignoranza, lasciando che pian piano il cervello si atrofizzi,
divenendo una poltiglia grigiastra, facile da manipolare e
controllare.
Tanto,
alla fine, ci saranno sempre dei concorrenti del Grande
Fratello
che lo faranno sentire intellettualmente superiore ed appagato.
Sempre
che questi concorrenti scampino alla nomination! Perché, una volta
eliminati, anche lo spettatore dovrà tornare a fare i conti con la
realtà…
E lì non c’è televoto che tenga.
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