venerdì 8 marzo 2024

Scrittrici taciute, ignorate, dimenticate: la silenziosa storia della letteratura femminile

Thomas Pollock Anshutz, "Donna che scrive su un tavolo", 1905 ca.
Nel 2019, la casa editrice Bompiani pubblicò un libro intitolato Scrittori! Vite, curiosità e capolavori dei più grandi autori del mondo: una raccolta delle più importanti opere letterarie e di alcuni fatti sorprendenti riguardanti i vari narratori.

Un libro molto godibile, incentrato particolarmente sui diversi capolavori e condito con cenni biografici per rendere il tutto più curioso e accattivante. Però, trattandosi di scrittori, i protagonisti sono uomini e non c’è traccia, lungo queste duecento pagine, di penne femminili.

Ecco perché esattamente tre anni dopo, nel 2022, le stesse autrici (la redattrice Katharina Mahrenholtz e l’illustratrice Dawn Parisi) realizzarono un nuovo volume, sempre edito da Bompiani, intitolato questa volta Scrittrici! Le autrici e le opere più famose del mondo: una carrellata di narratrici nella quale, a differenza del volume precedente dedicato ai colleghi maschi e alle loro fatiche letterarie, viene data molta più importanza alle vite e alle vicissitudini affrontate dalle protagoniste rispetto alle opere stesse.

Una scelta consapevole, come sottolineano le autrici del volume, per evidenziare le difficoltà che le donne hanno incontrato, nel corso della storia, al fine di potersi affermare come scrittrici, divincolandosi da quei luoghi comuni che, nei secoli, hanno impedito loro di spiccare il volo nei cieli della letteratura, ma anche dell’arte, della scienza, dell’imprenditoria eccetera.

E pensare che, nonostante due terzi di tutti gli analfabeti adulti siano donne e che solo il 12% dei premi Nobel assegnati siano andati a scrittrici, risulta, da diversi studi, che le donne leggono e scrivono molto più degli uomini.

Non è un battaglia di genere, sembrano rimarcare Mahrenholtz e Parisi, ma semplicemente il racconto di una parte della storia della letteratura spesso taciuta, a partire dalle antologie scolastiche.

Ancora oggi, nel 2024, le prime autrici che si studiano in letteratura (eccezion fatta per la poetessa greca Saffo, che infatti inaugura il libro e che viene analizzata principalmente, se non esclusivamente, nei licei classici) sono quelle del XIX o XX secolo come Emily Dickinson, Jane Austen, Virginia Woolf, Grazia Deledda (e spesso nemmeno loro).

Quali sono, dunque, i motivi di queste assenze e di tale disinteresse? 

Intervistata nel 2014 da La Stampa, Cristina Vernizzi, all’epoca direttrice editoriale di Rcs Education, affermava: «Le indicazioni nazionali e le linee guida del ministero non fanno riferimento ai temi di genere. Il che non vuol dire che noi non abbiamo preso a cuore la faccenda. Innanzi tutto c’è una differenza tra i libri del biennio liceale, le cui antologie vanno spesso per temi e generi e sono più libere e per questo contengono più donne, e i manuali del triennio finale, in cui prevale il programma e in cui le donne tendono a scomparire: l’impostazione storicistica e il canone didattico [cioè il criterio di selezione di autori e autrici ndr] che si è sedimentato rendono difficile il cambiamento».

Demetrio Cosola, "Il dettato", 1891
Un altro motivo è sicuramente il fatto che, nei secoli passati, le autrici erano meno conosciute e non avevano avuto la possibilità di esprimere tutto il loro talento. Tuttavia, Rossana Di Fazio, fondatrice dell’Enciclopedia delle donne, sempre nel 2014 contestava il punto, sostenendo che «continuare a dimenticare le grandi scrittrici solo perché non ne si conosce il valore o la produzione è un errore storiografico e anche un modo di trasmettere lo stesso vizio di forma tra i giovani».

Sono passati dieci anni dalle parole di Vernizzi e di Di Fazio, ma la situazione non sembra essere migliorata, come denunciato da Sofia Li Crasti sempre sulle colonne de La Stampa poco meno di tre mesi fa: «I programmi scolastici di letteratura continuano ad escludere le voci femminili. La narrazione storica e culturale italiana è sistematicamente e terribilmente maschile». E non è un problema esclusivamente “liceale”; come sottolinea Li Crasti: «Il 91% dei programmi universitari di letteratura italiana è composto da autori, e solo un misero 9% resta per le autrici. Le donne sono assenti pure dai libri: secondo i risultati di un’indagine sulle antologie di letteratura italiana, la rappresentanza femminile è estremamente bassa, e va da un misero 2,74% all’8,83%».

La scusa della mancanza di informazioni e di fonti riguardanti l’attività letteraria delle donne nel passato sembra, dunque, sempre meno attendibile. Viene quindi naturale chiedersi se la sistematica esclusione della loro voce dalle antologie e dai programmi scolastici non sia piuttosto una scelta consapevole, dettata da una sorta di conservatorismo radicato al punto tale da non concedere alcun cambiamento progressista in tal senso.

Tuttavia, credo che i piccoli gesti possano ancora fare la differenza e che il silenzio della scuola e delle istituzioni sul tema possa essere rotto discutendone e godendo di quelle fonti che, come il sopra citato libro di Mahrenholtz e Parisi, possono farci riscoprire il piacere della letteratura nata dalla mente e dalla penna di donne straordinarie, ma ancora tristemente ignorate.


Nessun commento:

Posta un commento