“Pomeriggio
spompo di domenica” come diceva Ligabue... Ma, in realtà, il cantante reggiano
non ha niente a che fare con questo articolo; quindi coloro che si attendono
considerazioni sui suoi pezzi e le sue melodie rimarranno delusi.
C’entra il “pomeriggio
spompo di domenica” e c’entra il fatto che, per renderlo più sopportabile e
utile di un comizio di Borghezio o di Giovanardi, decido di sfogliare il D di
Repubblica, inserto del sabato, appartenente a L’Espresso (gruppo editoriale
partorente l’omonimo settimanale sinistroide, comunista, rivoluzionario,
bolscevico, marxista, ma zeppo di pubblicità di Rolex, BMW, Audi, Gucci, che ti
fanno chiedere: “Maaaaa... Com’era quel discorso della lotta al
Capitalismo??”); e, sfogliando l’inserto del quotidiano romano, noto un tanto
breve quanto accattivante pezzo di Elisabetta Muritti sugli “atenei più smart al mondo”.
Dall’articolo
emerge che, stando alle classifiche stilate dalla società francese Emerging and
Tredence, dal periodico britannico Times Higher Education e dall’università
Jiao Tong di Shanghai, gli atenei italiani, tra le accademie in cui le aziende
concentrano la ricerca di nuovi impiegati, risultano ai piedi della piramide, compattamente
surclassati dallo strapotere statunitense (Harvard, Princeton, Yale, Stanford)
e inglese (Oxford, Cambridge).
Come hanno
fatto gli atenei italiani a cadere così in basso? Com’è potuto succedere che la
culla della cultura accademica planetaria sia sprofondata inesorabilmente negli
inferi delle classifiche (cercando, ovviamente, di considerare tali graduatorie
affidabili e fugando il sospetto di probabili, per non dire certe, influenze
economico-politiche nella redazione delle stesse)?
Non lo so.
Da studente
universitario posso ipotizzare una pessima gestione delle facoltà (o
dipartimenti che siano), dove la meritocrazia non è un possente cavallo che
traina il carro, ma una fastidiosa vespetta che ronza, ronza, ronza e di tanto in tanto punge (ma prima o poi
verrà schiacciata!); oppure il sopravvivere dei baroni (più che negli altri Paesi) i quali si insediano per
poi deporre le loro uova, in attesa che le larve infestino il sistema, tra vergognose
raccomandazioni, promozioni inspiegabili e nefandezze varie (ma un favore prima
o poi serve a tutti!); oppure il perseguimento dell’obiettivo politico (mascherato
da scetticismo e incapacità) di evitare che giovani brillanti e indipendenti
possano ricoprire posizioni di rilievo ovvero ricevere i fondi necessari per portare
avanti i loro progetti (mmm...giovani, brillanti, determinati, sognatori, magari
anche eticamente istruiti!! No, non vanno bene...meglio i dinosauri che sanno
come “gira il mondo”); o ancora, più pragmaticamente, la promozione
dell’ignoranza, attraverso il mancato investimento nello studio delle lingue (l’inglese
su tutte), attraverso la proiezione di programmi radio-televisivi e la
pubblicazione di articoli a bassissimo impatto informativo, attraverso la morte
della cultura, la morte dell’università.
Per ora,
tuttavia, l’unica arma in nostro possesso è la comunicazione, la divulgazione
di queste classifiche e l’indignazione, provando a suggerire o meglio ad
esigere che la nostra università venga migliorata; e se è già migliore, come
alcuni affermano, pretendere che tale prestigio venga sponsorizzato all’estero.
E sarebbe opportuno valorizzare, anche
mediaticamente, gli atenei che hanno rivelato, negli ultimi anni, strutture all’avanguardia
e docenti preparati, a prescindere dal blasone del nome, dato che per molti, anzi troppi, dopo Bocconi,
Politecnico di Milano e Normale di Pisa sembra esserci il vuoto! Così non è.
Infine,
magari, non sarebbe male evitare di distribuire lauree honoris causa (Vasco,
Valentino Rossi, Ligabue ecc...) come se fossero adesivi e spille del PD o di Forza
Italia, regalate un pomeriggio spompo di domenica, tanto per racimolare qualche soldo e un po' di celebrità! Altrimenti, poi, il valore
che andranno ad acquistare sarà proprio questo: un adesivo da appiccicare al
cruscotto dell’auto o una spilla da fissare alla cinghia della tracolla.
Bene o male, alla fine Ligabue
qualcosa c’entrava. Chissà se gli arriva il mio pensiero...
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