sabato 13 giugno 2020

Vicenza e quella clausola antifascista


L’antifascismo in una democrazia è come l’olio nell’insalata: ci sta sempre bene, la arricchisce e le dà sapore!

Dopo questa doverosa similitudine gastronomica, veniamo ai fatti: in queste ore sta facendo molto scalpore l’approvazione, da parte della giunta vicentina di Centrodestra, del nuovo regolamento COSAP (Canone per l'Occupazione di Spazi e Aree Pubbliche).
Tale regolamento disciplina la concessione di occupazione del suolo pubblico, da parte del Comune, al soggetto che utilizza in modo esclusivo uno spazio o un’area pubblica. Tra le forme di occupazione c’è, per esempio, l’installazione di gazebo per la propaganda politica.

Prima del suddetto aggiornamento, la lettera d dell’art. 5 del documento affermava che, per poter ottenere la concessione, i richiedenti avrebbero dovuto sottoscrivere la seguente dichiarazione: «Dichiaro di riconoscermi nei principi fondamentali della Costituzione Italiana e dello Statuto comunale e ripudio il fascismo, la cui riorganizzazione è vietata sotto qualsiasi forma dall’ordinamento giuridico».

In seguito all’aggiornamento, i mass media hanno dato la notizia affermando unanimemente che era stata tolta dal regolamento la “clausola antifascista”! News confermata da un trionfante assessore berico e dalla furia dell’opposizione di Centrosinistra.
Vi confesso che, alla lettura del pezzo e alla esultanza del Centrodestra per questa modifica, mi sono indignato anch’io: «Vicenza, Medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza, infangata da questa discutibile scelta operata, guarda caso, da una giunta di Centrodestra… È una vergogna!».

Tuttavia, leggendo il nuovo testo della disposizione, si nota che quel ripudio del fascismo si è trasformato in un ripudio di «ogni forma di totalitarismo» e di condanna verso «l’uso della violenza a fini politici».

Ovviamente l’obiettivo della giunta destrorsa non era tanto quello di allargare il raggio d’azione della norma, quanto piuttosto quello di togliere la parola “antifascismo” dal testo.
Ma le è andata male, poiché inserendo la nuova frase anche il concetto di antifascismo, pur scomparendo dal periodo, ne è uscito rafforzato. Ora è bandita – come dovrebbe essere ovvio – l’adesione e la promozione di qualsiasi forma di dittatura, a prescindere dal colore politico; e la lotta al fascismo rimane ugualmente tutelata.

Mi stupiscono, dunque, sia l’imbarazzante esultanza dell’assessore di Centrodestra (come se “antifascismo” fosse una parola impronunciabile, una bestemmia, un arcaismo da estirpare) sia – ripeto: letto il testo della disposizione – l’indignazione delle forze di opposizione.

Ma in fondo non c’è poi così tanto da stupirsi e la risposta è più facile di quanto sembri.
Da un lato, il cancro fascista nella Destra più o mena estrema non è mai stato realmente debellato, con continui ammiccamenti ai nostalgici del Ventennio anche da parte dell’ala più moderata, timorosa di perdere elettori e consensi. A ciò si unisce l’insensata equazione antifascista = comunista, un errore che dimentica e offende tutti i liberali, i socialisti, i democristiani, i cattolici, i monarchici antifascisti che hanno partecipato alla Resistenza e che hanno contribuito a sconfiggere le forze naziste e repubblichine.

Dall’altro lato, la scarsa lucidità nel riconoscere che quando ai comunisti nel mondo è stata data l’opportunità di governare, i risultati sono stati disastrosi, con derive spesso autoritarie.

E proprio sul punto, però, torna il fraintendimento che sovente viene utilizzato – tendenzialmente da esponenti della Destra – come principale argomentazione nell’errato dibattito tra le due ideologie: «Comunismo e nazifascismo sono le due facce della stessa medaglia».

No.

Per ascoltare l'intervento completo di Alessandro Barbero,
 clicca qui: https://www.youtube.com/watch?v=QJtwNtcgMBI&t=16s
Per riprendere brevemente un’analisi del professor Alessandro Barbero, storico e docente presso l’Università del Piemonte Orientale, fascismo e nazismo nascono, nella prima metà del XX secolo, come poteri connotati da un forte dispotismo. Infatti, nelle ideologie fascista e nazista il pensiero unico, il partito unico, la rigida gerarchia, la soppressione delle opposizioni, la persecuzione degli avversari politici, il totale accentramento del potere nelle mani di un unico leader, che si sostituisce al Popolo, fanno parte ab origine dello schema fondante le suddette dottrine. 

E il comunismo? Esso è nato nella prima metà del XIX secolo con quel Manifesto che, esordendo con la celebre frase «Uno spettro si aggira per l'Europa», rende i ricchi proprietari consapevoli del fatto che, come afferma il professor Barbero, «i loro operai non si accontentano più di lavorare e di essere sfruttati, ma si stanno organizzando e vogliono cambiare il mondo». Un mondo con maggiori diritti e maggiore eguaglianza, volto a imporre a coloro che avevano più risorse di aiutare, anche forzatamente, coloro che ne avevano meno, per favorire una sorta di bilanciamento socioeconomico.
Un mondo che, quando il comunismo ne ha avuto l’opportunità, non è stato però cambiato; un mondo che anzi ha assistito all’estremizzazione della dottrina promossa da Marx ed Engels con la conseguente creazione di tirannie sanguinarie e omicide.

Ma il comunismo è questo? «Ditelo a chi lottava – prosegue Barbero – per organizzare gli operai e farli scioperare nell’Italia appena unita di Vittorio Emanuele II, che il comunismo sono i campi di concentramento… Ditelo a quelli che si sono fatti ammazzare in tanti Paesi, lottando contro il colonialismo, per esempio. Essere comunista, per la stragrande maggioranza della gente che per centocinquantanni è stata comunista, ha voluto dire: “Noi sogniamo un mondo migliore e cioè non un mondo dove marciamo tutti inquadrati e invadiamo l’Etiopia o la Polonia, beninteso”.».

Tali considerazioni segnano una netta linea di demarcazione tra comunismo da una parte e nazismo e fascismo dall’altra, portando Barbero a concludere che la differenza è evidente e «se uno ignora questa differenza, appunto, ignora la verità».

Alla luce di tale riflessione, trovo corretto allargare il raggio d’azione non solo vietando la promozione di idee fasciste e naziste, ma anche di tutte quelle storpiature che favoriscono l’instaurazione di regimi totalitari, a prescindere dal colore politico.

Un raggio d’azione che (abbandonando gli analfabeti funzionali alla loro incapacità di comprendere un testo) è ben identificato da quel ripudio di ogni forma di totalitarismo e da quel rispetto dei principi e dei valori fondamentali della Costituzione Italiana che la norma del nuovo regolamento COSAP chiaramente esprime.

L’antifascismo di Vicenza, virtù della città veneta, non è in pericolo. Lo stalinismo – che non è il comunismo – sì.
Con buona pace di entrambe le fazioni.

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