martedì 17 ottobre 2017

Loving Vincent: un giallo a colpi di giallo

La locandina del film, nelle sale esclusivamente dal 16 al 18 ottobre 2017
Se dovessi descrivere Loving Vincent con una sola parola, direi "giallo". Ciò potrebbe risultare banale e semplicistico, tuttavia il giallo è davvero il tema dominante durante i 94 minuti di film accompagnati dalle azzeccatissime musiche di Clint Mansell. E non mi riferisco solo ai cromatismi, ma anche alla narrazione, dato che la trama di questo spettacolare lungometraggio, che attraverso numerosi flashback in bianco e nero ripercorre la vita di Vincent van Gogh, rievoca gli ultimi anni del pittore olandese e affronta, a mo' di thriller, la ricostruzione della sua controversa morte.
Il tutto raccontato mediante la realizzazione di oltre mille dipinti che, susseguendosi in più di 65.000 fotogrammi e mescolandosi alla tecnica rotoscope, esaltano la travagliata esistenza e lo stile inconfondibile di uno dei più celebri e discussi post-impressionisti della storia dell'arte.
I colori vividi e le pennellate dense dipingono la vicenda, ambientata perlopiù in Francia nel 1891, a un anno di distanza dalla morte di van Gogh. Armand Roulin, figlio del postino che aveva gestito la corrispondenza tra i fratelli Vincent e Theo van Gogh (dei quali il carteggio sarà pubblicato dalla moglie di quest'ultimo nel 1914), viene incaricato dal padre di consegnare l'ultima lettera dell'artista al fratello, collezionista e antiquario.
Il legame tra Vincent e Theo è fortissimo, testimoniato da uno scambio di missive a dir poco febbrile e dalle espressioni ricche di amore contenute nelle medesime (tanto che il titolo del film richiama proprio la consueta, tenera firma del pittore: «Con affetto, Vincent»).
Ciò che rende indissolubile la relazione tra i fratelli van Gogh non è solo una questione "di sangue"; Vincent e Theo sono legati anche da una sorta di rapporto professionale informale, cioè privo di contratto, ai sensi del quale Theo finanzia il fratello più anziano. Egli sostiene le spese di pennelli, tele e colori per la realizzazione dei dipinti di Vincent, e ne promuove le opere, cercando di pubblicizzarle tra i commercianti d'arte, senza tuttavia riscuotere il successo sperato. Degli oltre 800 quadri realizzati da Vincent in otto anni di attività (dato che l'artista olandese si avvicinò all'arte "pratica", e non meramente commerciale, solo a 28 anni), venne venduto un solo dipinto prima del suo decesso.
Armand Roulin, ragazzo intraprendente del quale spicca la giacca gialla che, tra le strade sterrate o tra i campi di grano o sotto le stelle luminose, richiama la passione di Vincent per i colori caldi o per i decisi contrasti tra le sfumature paglierine e le tonalità più scure, ripercorre i luoghi attraversati dall'artista di Zundert, incontrando personaggi che risulteranno determinanti al fine di ricostruire non solo la vita, ma anche la personalità del pittore.
I personaggi del film, ritratti attraverso la tecnica rotoscope
Ciascun soggetto interpellato dal giovane Roulin racconta il suo rapporto con Vincent, delineando a volte un'indole scontrosa, riottosa e bizzarra, altre una personalità dolce, mansueta e straordinariamente sensibile.
Solo la solitudine sembra essere il tratto comune in tutte le descrizioni, dalle quali emergono una disperata ricerca di affetto e l'incapacità di comunicare con il mondo, se non attraverso le sue opere; è come se i dipinti di van Gogh fossero l'unico modo per esprimere i suoi sentimenti alla società.
Durante i vari incontri e colloqui tra Armand Roulin e gli altri personaggi, balzano agli occhi del pubblico quei brevissimi momenti, quei pochissimi secondi, in cui i registi Dorota Kobiela e Hugh Welchman "rallentano" lo scorrimento delle immagini e dei fotogrammi per concedere allo spettatore di focalizzare, in quel determinato istante, i celebri capolavori dell'artista olandese. Tra i tanti notevoli spunti artistici spiccano, all'inizio del film, lo Zuavo e, verso la fine, l'ancor più famoso Ritratto del dottor Gachet; giusto un paio di secondi in cui il lungometraggio abbandona lo spazio e il tempo per immortalare una delle opere più famose di van Gogh, nella quale
Un frammento del film raffigurante il colloquio tra il dottor Gachet e Armand
lo psichiatra viene raffigurato seduto, a mezzobusto, con il capo leggermente inclinato. In esso spicca uno sguardo malinconico, assorto e circondato dalle pennellate pastose e accese, attraverso le quali il volto, le mani e i libri rigorosamente gialli contrastano con la giacca e le colline bluastre sullo sfondo, ravvivavate da brevi tratti più chiari. Se al posto della pianta di digitale (che si può intravedere lungo il lato sinistro del frame) ci fossero stati dei girasoli, si sarebbe potuto affermare che in questo ritratto, dai colori alle sfumature, dall'espressività all'inquietudine, c'è tutto Vincent van Gogh.
Trovo che questo film sia un grande atto d'amore e di giustizia nei confronti di un autore vessato, travagliato e fortemente incompreso; un rivoluzionario e un anticonformista costretto, dalla malattia e dalla società, a cercare e trovare (parzialmente) rifugio nella sua arte.
E come tutti i rivoluzionari, come tutti gli anticonformisti (da Dante a Galileo, da Spinoza a Kafka...), van Gogh è destinato a vedere la sua anima, le sue idee, la sua poetica disprezzate dai suoi contemporanei e apprezzate dalle generazioni successive. Un errore cui la società presente, passata e futura non riuscirà mai a porre rimedio.

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