
Se
dicessi che il primo pensiero non è stato un “ma che cazzo
disegnano...?!?!?” sarei un bugiardo. Travolto dalle emozioni
(poiché in una società dove ahimè l'apparire conta più
dell'essere, anche lo sguardo conta più del pensiero), mi sono un
po' indignato: “La Satira, dal II secolo a.C. ad oggi (a tal proposito consiglio il mio articolo sulla sua genesi: http://ilmeteorologo.blogspot.it/2014/03/satiricamente-moderni-genesi-di-un.html), si è sempre occupata dei potenti! Ha sempre messo alla
berlina le prevaricazioni delle autorità politiche, economiche,
religiose eccetera. Perché accanirsi contro la debolezza di un
popolo afflitto da una calamità naturale, quindi da una catastrofe
fuori controllo?”
Dopo
la reazione impulsiva si è attivato anche il cervello (che ci mette
sempre un po' a carburare) e ho provato a ragionare su quel disegno,
cercando di individuare la chiave di lettura più vicina a quella
forgiata dall'autore. Un po' come avere una serratura davanti al naso
e un mazzo di chiavi in mano: tante non entrano neanche nella toppa,
altre entrano senza aprirla e una sola spalanca la porta,
permettendoci di vedere come stanno le cose.
E
alla fine, pensando alla natura della Satira, pensando ai suoi
bersagli, ho capito che la mia prima impressione (così come
l'impressione di molti miei amici su Facebook, di molti quotidiani,
di molti intellettuali), mantenendo la metafora della serratura, è
più paragonabile ad un cacciavite che ad una chiave.
Secondo
me, infatti, la vignetta, nella sua crudezza, non si è mai proposta
di schernire “la debolezza di un popolo afflitto da una calamità
naturale”, quanto piuttosto l'irresponsabilità di chi avrebbe
dovuto, dall'alto dei suoi poteri, tutelare quelle vite. E paragonare
le vittime a delle ipotetiche pietanze con cui lo sciacallaggio
politico, imprenditoriale ed edile pasteggerà nei prossimi giorni,
settimane, mesi e verosimilmente anni, è davvero geniale,
dimostrando che gli obiettivi che la maggior parte dell'opinione
pubblica aveva individuato in quei tratti di matita erano (molto
probabilmente) gli obiettivi sbagliati.
Disegnare
un politico, grassoccio e sudaticcio, in giacca e cravatta, che cena
con davanti gli stessi piatti a forma di vittime del sisma, con tanto
di bocca sporca di pomodoro/sangue, sarebbe stato molto più diretto
e, presumibilmente, non avrebbe avuto l'impatto mediatico e l'ampia
disapprovazione che ha effettivamente scatenato; ma, d'altro canto la
Satira è anche questo: è provocazione, è schiaffo, è solletico, è
aberrazione, è compiacimento, può piacere, può far cagare, ma
merita di essere libera e, soprattutto, dimostra come talvolta non
sia accessibile a tutti.
Non
ci resta altro che continuare a navigare, assicurandoci che il nostro
mazzo abbia sempre una chiave in più che una chiave in meno.