“Idomeni, 22
marzo 2016
E io che
pensavo che ieri fosse stata una giornata di merda, al campo profughi
d'Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia. Una giornata come le
altre, ma pur sempre di merda, qui, ad attendere che passino le ore e
che qualcuno decida il da farsi.
Per carità, le giornate erano
ancora più di merda nel Paese da cui provengo. Tonnellate e
tonnellate di merda. Ma non quella organica, melmosa e maleodorante.
Una merda diversa, fatta di carrarmati, bombe, mortai, macerie e
polvere. Tanta di quella polvere che ci si potrebbe costruire un
campo da calcio! E io ci giocherei pure in quel campo: un pallone, un
paio di scarpini e via! In porta no, però! Perché tra la polvere,
cumuli e cumuli di ceneri, un proiettile di merda mi ha ferito al
braccio sinistro. Quindi niente parate, solo gol, in quell'ipotetico
campo di sabbia.
E invece no.
E, ironia della sorte, in un campo ci sono pure! E la giornata di
merda di ieri e dell'altro ieri e del giorno prima ancora (che ha
seguito una settimana veramente di merda, in mezzo a distese d'acqua
così sconfinate che pensavo avremmo raggiunto l'America) è
diventata, oggi, una giornata che si aggiudica di diritto il premio
come “Super giornata di merda” da quando siamo scappati dalla
guerra: mentre siamo qui, seduti, ammassati, nervosi, sudici,
oggettivamente brutti (perché la guerra imbruttisce, ma anche la
miseria imbruttisce, e guerra e miseria fanno parte della stessa
ciclopica montagna di merda), giunge la notizia delle stragi di
Bruxelles, delle rivendicazioni dell'Isis, degli attentati al grido
di “Allah è grande”.
E io Allah l'ho sempre pregato. Perché
quando sei nella merda, ad uno come me viene spontaneo alzare gli
occhi al cielo ed allungare il collo e aguzzare lo sguardo verso le
nuvole, per estrarre almeno la testa, almeno la mente dal puzzo
circostante.
Ma se poi
quattro stronzi la merda la creano in nome di colui che dalla merda
dovrebbe tirarci fuori, innescando un cruento circolo vizioso fatto
di sangue e odio e pregiudizio e sospetto e rabbia e vendetta e altra
merda che si accumula, anche se nella merda ti ci ritrovi senza
volerlo, senza esserne responsabile, ti senti comunque complice,
lurido e fetido.
E non ti resta
che un foglio di carta, delle scuse semplici e sincere che somigliano
tanto ad un mazzo di fiori profumati e che, anche se non lo sei,
anche se magari sogni di fare il medico per salvare chi dalla merda è
sommerso già da tempo o vi ha visto sprofondare i propri cari, ti
fanno sentire un po' meno stronzo e un po' più umano.”
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