venerdì 21 ottobre 2022

La vignetta dell'Economist scatena l'indignazione a scapito della riflessione

La vignetta di Pete Reynolds

Uno dei principali problemi dell'Italia e degli italiani è la scarsa autoironia e la mancanza di autocritica.

Tutto parte da questa vignetta di Pete Reynolds pubblicata sul settimanale inglese The Economist a corredo di un articolo che, paragonando il declino della Gran Bretagna a quello dei Paesi mediterranei, prende di mira anche l'Italia.

Il pezzo s'intitola Welcome to Britaly e la vignetta in copertina raffigura la premier britannica Liz Truss (già dimissionaria dopo 45 giorni di governo), disegnata con alcuni stereotipi dello Stivale: l'elmo romano, lo scudo a forma di pizza e una forchetta al posto della lancia, con tanto di spaghetti. 

Manco a dirlo, l'indignazione (che se si potesse efficacemente rappresentare, avrebbe di certo trovato spazio nell'illustrazione di Reynolds) si è scatenata tra gli utenti italici, portando l'ambasciatore a Londra, Inigo Lambertini, a scrivere una piccata nota ufficiale per criticare la "stereotipizzazione" del Bel Paese.

Nella nota, Lambertini suggerisce ai redattori inglesi di parlare dell'Italia citando le sue eccellenze, dal settore aerospaziale a quello farmaceutico, passando per la biotecnologia e l'automobilismo. «Qualunque sarà la scelta - conclude il diplomatico - punterà un riflettore più accurato sull'Italia, anche tenendo conto della vostra non tanto segreta ammirazione per il nostro modello economico». 

Tralasciando il fatto che, da vignettista satirico, se fossi un artista straniero e il mio obiettivo fosse quello di schernire l'Italia attraverso una sua personificazione goliardica e, per l'appunto, satirica, la rappresenterei esattamente in questo modo, così come rappresenterei la Gran Bretagna con bombetta, tazza di tè e dentoni da cavallo nonostante Dickens, i Pink Floyd e tutte le altre meraviglie britanniche, oppure la Francia con la baguette, il basco, il foulard e i baffetti arricciati, nonostante Notre-Dame, Baudelaire e l'Impressionismo...a parte questo, dicevo, per l'ennesima volta la nostra fumantina indignazione ci ha impedito di riflettere seriamente sulla situazione italiana, evidenziata anche dall'Economist nel paragone con l'attuale condizione del Regno Unito: l'instabilità politica, una crescita  che va a rilento, la scarsa produttività.

Per carità, non siamo gli unici ad aver difetti, e «forse noi italiani - come ricordava Giorgio Gaber in Io non mi sento italiano - per gli altri siamo solo spaghetti e mandolini», finendo per incazzarci e per sbattere fieramente in faccia ai nostri detrattori «cos'è il Rinascimento». Ma d'altra parte, una volta tanto, sarebbe il caso di far tesoro delle critiche altrui per provare a migliorarci. 

Ché se il passato è già stato scritto, dandoci talvolta ragione (teniamoci stretto il Rinascimento!), il futuro è tutto da comporre.

2 commenti:

  1. Il solo problema del Rinascimento è che c'è stato mezzo millennio fa.

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    1. Esattamente, il passato è passato: non lo si deve scordare, ma appunto non si può nemmeno continuare a legittimare i propri errori rimarcando il genio di Leonardi e Michelangeli vari. Direi che, dopo 500 anni, un po' di autocritica ci starebbe.

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