Un'ora di coca e mignotte, un'ora di Lui, che non è LVI, ma che dall'assiduo utilizzo del pronome personale lungo buona parte della pellicola, a mo' di entità suprema e innominabile, individua l'imprenditore di Arcore al culmine della sua celebrità economico-politica, ma già sulla via del declino, al pari del LVI di Predappio all'alba degli anni '40.
Se dovessi semplificare e banalizzare i primi 120 minuti di Loro, l'attesissimo film (suddiviso in due puntate) di Paolo Sorrentino, lo descriverei proprio così: una prima frazione incentrata sul personaggio di Sergio Morra che, interpretato da Riccardo Scamarcio, riporta alla mente il faccendiere Gianpaolo Tarantini, romanzandone l'esperienza, tra corpi nudi, scene di sesso, festini sfrenati e certe piste che nemmeno Indianapolis; e una seconda frazione dedicata alla figura di Silvio Berlusconi, i cui panni sono vestiti dal magistrale Toni Servillo.
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Sergio Morra (Riccardo Scamarcio) e la moglie Tamara (Euridice Axen) |
Il lungometraggio, come sottolinea il regista, rappresenta una "finzione in costume che mette in scena fatti verosimili, o anche inventati, avvenuti in Italia tra il 2006 e il 2010".
La finzione si mescola, dunque, alla realtà, dove lo stile grottesco di Sorrentino (già palesato ne La grande bellezza) esplode, soprattutto nella prima parte, in tutta la sua seppur lenta prorompenza. Ciò enfatizza il cinico arrivismo di Sergio Morra e l'untuoso servilismo dell'ex ministro Santino Recchia (interpretato da Fabrizio Bentivoglio, in un ruolo che concentra, in un unico personaggio fittizio, tutti quei politici che negli anni hanno tentato di sostituirsi invano al leader del Centrodestra), i quali, nell'intreccio della trama, si trovano ad interagire con persone tuttora esistenti, come Veronica Lario (Elena Sofia Ricci), Mariano Apicella (Giovanni Esposito), Noemi Letizia (Pasqualina Sanna) e soprattutto Silvio Berlusconi.
Ed è proprio Berlusconi il protagonista della seconda ora, ambientata, perlopiù, nella solitudine della sua villa in Sardegna, alle prese con la crisi coniugale vissuta assieme alla moglie dell'epoca. Un Berlusconi ancora famoso e influente, ma politicamente sconfitto, fisicamente stanco, emotivamente indebolito, che tenta di recuperare fiaccamente l'amore (o forse la stima, la fiducia) della Lario, non più disposta a barattare la propria dignità per qualche regalo o qualche gita in barca, lungo le coste sarde.
Coste sarde che, dato l'andazzo e conosciuta la storia (reale), giocheranno un ruolo fondamentale nel prosieguo della pellicola. L'obiettivo di Morra, pappone tarantino cui i piccoli "affari" pugliesi cominciano a stare stretti, è quello di trasferirsi a Roma per diventare il nuovo, per così dire, "organizzatore" delle feste opulente del cavaliere di Arcore. E tale scopo trova le sue fondamenta proprio nell'acquisto di una villa davanti a quella di Berlusconi e nei brevi giri con una modesta imbarcazione che tuttavia, attraverso musica ad alto volume e belle ragazze in costume, sembrano attirare l'attenzione del Silvio nazionale, in attesa del secondo capitolo.
Dal punto di vista "critico", posso dire che, dopo Il divo (film del 2008 dedicato alla figura di Giulio Andreotti e, anche questo, ambientato in un breve lasso di tempo che intercorre tra il 1991 e il 1993), mi sarei aspettato un lungometraggio maggiormente fedele ai fatti realmente accaduti, fin dal principio. Non capisco la scelta del regista di romanzare una vita, quella di Berlusconi, che è già di per sé una sceneggiatura, riducendone al minimo la goliardia (giusto qualche frame qua e là), al fine di riconsegnare al pubblico una figura molto più pacata e "umana" rispetto a quegli istrionici e arroganti comportamenti cui l'ex premier ci ha abituato negli anni.
Tuttavia apprezzo lo stile di Sorrentino e quel suo simbolismo che, attraverso un'immagine, un frammento o una parola, spalanca le porte di un mondo apparentemente sommerso, ma, in realtà, più a galla che mai. Tra questi, il costante utilizzo dei pronomi personali Lui e Loro, pronunciati dai personaggi in un mix di paura, mistero, ammirazione, finanche eccitazione; oppure la proiezione di scene apparentemente insensate ma assai eloquenti, come la morte di una pecora stramazzata al suolo mentre guarda un quiz condotto da Mike Bongiorno (Ugo Pagliai) o il vagabondare di un ratto tra le antiche rovine di Roma... Parole, frammenti e immagini in grado di trasmettere messaggi che potranno essere letti meglio al termine del secondo capitolo, ma che già a metà dell'opera dipingono un potere oscuro, oligarchico ma corruttibile, un popolo ipnotizzato, vacuo e belante, e un presente di degrado sociale, etico e culturale che il glorioso passato (oramai trapassato!) non riesce più a mitigare.
Buona visione!
Ed è proprio Berlusconi il protagonista della seconda ora, ambientata, perlopiù, nella solitudine della sua villa in Sardegna, alle prese con la crisi coniugale vissuta assieme alla moglie dell'epoca. Un Berlusconi ancora famoso e influente, ma politicamente sconfitto, fisicamente stanco, emotivamente indebolito, che tenta di recuperare fiaccamente l'amore (o forse la stima, la fiducia) della Lario, non più disposta a barattare la propria dignità per qualche regalo o qualche gita in barca, lungo le coste sarde.

Dal punto di vista "critico", posso dire che, dopo Il divo (film del 2008 dedicato alla figura di Giulio Andreotti e, anche questo, ambientato in un breve lasso di tempo che intercorre tra il 1991 e il 1993), mi sarei aspettato un lungometraggio maggiormente fedele ai fatti realmente accaduti, fin dal principio. Non capisco la scelta del regista di romanzare una vita, quella di Berlusconi, che è già di per sé una sceneggiatura, riducendone al minimo la goliardia (giusto qualche frame qua e là), al fine di riconsegnare al pubblico una figura molto più pacata e "umana" rispetto a quegli istrionici e arroganti comportamenti cui l'ex premier ci ha abituato negli anni.
Tuttavia apprezzo lo stile di Sorrentino e quel suo simbolismo che, attraverso un'immagine, un frammento o una parola, spalanca le porte di un mondo apparentemente sommerso, ma, in realtà, più a galla che mai. Tra questi, il costante utilizzo dei pronomi personali Lui e Loro, pronunciati dai personaggi in un mix di paura, mistero, ammirazione, finanche eccitazione; oppure la proiezione di scene apparentemente insensate ma assai eloquenti, come la morte di una pecora stramazzata al suolo mentre guarda un quiz condotto da Mike Bongiorno (Ugo Pagliai) o il vagabondare di un ratto tra le antiche rovine di Roma... Parole, frammenti e immagini in grado di trasmettere messaggi che potranno essere letti meglio al termine del secondo capitolo, ma che già a metà dell'opera dipingono un potere oscuro, oligarchico ma corruttibile, un popolo ipnotizzato, vacuo e belante, e un presente di degrado sociale, etico e culturale che il glorioso passato (oramai trapassato!) non riesce più a mitigare.
Buona visione!