mercoledì 23 marzo 2016

Una giornata di merda

“Idomeni, 22 marzo 2016

E io che pensavo che ieri fosse stata una giornata di merda, al campo profughi d'Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia. Una giornata come le altre, ma pur sempre di merda, qui, ad attendere che passino le ore e che qualcuno decida il da farsi.
Per carità, le giornate erano ancora più di merda nel Paese da cui provengo. Tonnellate e tonnellate di merda. Ma non quella organica, melmosa e maleodorante. Una merda diversa, fatta di carrarmati, bombe, mortai, macerie e polvere. Tanta di quella polvere che ci si potrebbe costruire un campo da calcio! E io ci giocherei pure in quel campo: un pallone, un paio di scarpini e via! In porta no, però! Perché tra la polvere, cumuli e cumuli di ceneri, un proiettile di merda mi ha ferito al braccio sinistro. Quindi niente parate, solo gol, in quell'ipotetico campo di sabbia.
E invece no. E, ironia della sorte, in un campo ci sono pure! E la giornata di merda di ieri e dell'altro ieri e del giorno prima ancora (che ha seguito una settimana veramente di merda, in mezzo a distese d'acqua così sconfinate che pensavo avremmo raggiunto l'America) è diventata, oggi, una giornata che si aggiudica di diritto il premio come “Super giornata di merda” da quando siamo scappati dalla guerra: mentre siamo qui, seduti, ammassati, nervosi, sudici, oggettivamente brutti (perché la guerra imbruttisce, ma anche la miseria imbruttisce, e guerra e miseria fanno parte della stessa ciclopica montagna di merda), giunge la notizia delle stragi di Bruxelles, delle rivendicazioni dell'Isis, degli attentati al grido di “Allah è grande”.
E io Allah l'ho sempre pregato. Perché quando sei nella merda, ad uno come me viene spontaneo alzare gli occhi al cielo ed allungare il collo e aguzzare lo sguardo verso le nuvole, per estrarre almeno la testa, almeno la mente dal puzzo circostante.
Ma se poi quattro stronzi la merda la creano in nome di colui che dalla merda dovrebbe tirarci fuori, innescando un cruento circolo vizioso fatto di sangue e odio e pregiudizio e sospetto e rabbia e vendetta e altra merda che si accumula, anche se nella merda ti ci ritrovi senza volerlo, senza esserne responsabile, ti senti comunque complice, lurido e fetido.

E non ti resta che un foglio di carta, delle scuse semplici e sincere che somigliano tanto ad un mazzo di fiori profumati e che, anche se non lo sei, anche se magari sogni di fare il medico per salvare chi dalla merda è sommerso già da tempo o vi ha visto sprofondare i propri cari, ti fanno sentire un po' meno stronzo e un po' più umano.”