domenica 7 settembre 2014

Universitalia: dalle stelle alle stalle

“Pomeriggio spompo di domenica” come diceva Ligabue... Ma, in realtà, il cantante reggiano non ha niente a che fare con questo articolo; quindi coloro che si attendono considerazioni sui suoi pezzi e le sue melodie rimarranno delusi.
C’entra il “pomeriggio spompo di domenica” e c’entra il fatto che, per renderlo più sopportabile e utile di un comizio di Borghezio o di Giovanardi, decido di sfogliare il D di Repubblica, inserto del sabato, appartenente a L’Espresso (gruppo editoriale partorente l’omonimo settimanale sinistroide, comunista, rivoluzionario, bolscevico, marxista, ma zeppo di pubblicità di Rolex, BMW, Audi, Gucci, che ti fanno chiedere: “Maaaaa... Com’era quel discorso della lotta al Capitalismo??”); e, sfogliando l’inserto del quotidiano romano, noto un tanto breve quanto accattivante pezzo di Elisabetta Muritti sugli “atenei più smart al mondo”.
Dall’articolo emerge che, stando alle classifiche stilate dalla società francese Emerging and Tredence, dal periodico britannico Times Higher Education e dall’università Jiao Tong di Shanghai, gli atenei italiani, tra le accademie in cui le aziende concentrano la ricerca di nuovi impiegati, risultano ai piedi della piramide, compattamente surclassati dallo strapotere statunitense (Harvard, Princeton, Yale, Stanford) e inglese (Oxford, Cambridge).

Come hanno fatto gli atenei italiani a cadere così in basso? Com’è potuto succedere che la culla della cultura accademica planetaria sia sprofondata inesorabilmente negli inferi delle classifiche (cercando, ovviamente, di considerare tali graduatorie affidabili e fugando il sospetto di probabili, per non dire certe, influenze economico-politiche nella redazione delle stesse)?

Non lo so.

Da studente universitario posso ipotizzare una pessima gestione delle facoltà (o dipartimenti che siano), dove la meritocrazia non è un possente cavallo che traina il carro, ma una fastidiosa vespetta che ronza, ronza, ronza e di tanto in tanto punge (ma prima o poi verrà schiacciata!); oppure il sopravvivere dei baroni (più che negli altri Paesi) i quali si insediano per poi deporre le loro uova, in attesa che le larve infestino il sistema, tra vergognose raccomandazioni, promozioni inspiegabili e nefandezze varie (ma un favore prima o poi serve a tutti!); oppure il perseguimento dell’obiettivo politico (mascherato da scetticismo e incapacità) di evitare che giovani brillanti e indipendenti possano ricoprire posizioni di rilievo ovvero ricevere i fondi necessari per portare avanti i loro progetti (mmm...giovani, brillanti, determinati, sognatori, magari anche eticamente istruiti!! No, non vanno bene...meglio i dinosauri che sanno come “gira il mondo”); o ancora, più pragmaticamente, la promozione dell’ignoranza, attraverso il mancato investimento nello studio delle lingue (l’inglese su tutte), attraverso la proiezione di programmi radio-televisivi e la pubblicazione di articoli a bassissimo impatto informativo, attraverso la morte della cultura, la morte dell’università.

Per ora, tuttavia, l’unica arma in nostro possesso è la comunicazione, la divulgazione di queste classifiche e l’indignazione, provando a suggerire o meglio ad esigere che la nostra università venga migliorata; e se è già migliore, come alcuni affermano, pretendere che tale prestigio venga sponsorizzato all’estero.
E sarebbe opportuno valorizzare, anche mediaticamente, gli atenei che hanno rivelato, negli ultimi anni, strutture all’avanguardia e docenti preparati, a prescindere dal blasone del nome, dato che per molti, anzi troppi, dopo Bocconi, Politecnico di Milano e Normale di Pisa sembra esserci il vuoto! Così non è.
Infine, magari, non sarebbe male evitare di distribuire lauree honoris causa (Vasco, Valentino Rossi, Ligabue ecc...) come se fossero adesivi e spille del PD o di Forza Italia, regalate un pomeriggio spompo di domenica, tanto per racimolare qualche soldo e un po' di celebrità! Altrimenti, poi, il valore che andranno ad acquistare sarà proprio questo: un adesivo da appiccicare al cruscotto dell’auto o una spilla da fissare alla cinghia della tracolla.


Bene o male, alla fine Ligabue qualcosa c’entrava. Chissà se gli arriva il mio pensiero...