lunedì 30 giugno 2014

"Eroi" mondiali

"Paro para o Brasil!", ma una spintarella serve sempre...
Gonzalo Jara prende la rincorsa per il tiro dal dischetto, si dirige verso il pallone e lo calcia alla sinistra del portiere che intuisce senza, però, raggiungere la sfera... Poco male! Il pallone si stamperà sul palo e, dopo aver attraversato la porta, terminerà fuori dallo specchio.
Il Brasile supera il Cile, battendolo ai rigori, durante gli ottavi di finale del Mondiale di casa.

Un Mondiale costato 14 miliardi di dollari (anche se gli oppositori più accaniti parlano di una spesa pari a 46 miliardi); un Mondiale caratterizzato dalle accese proteste nei confronti delle ingenti risorse finanziarie e umane impiegate per il suo allestimento, dove la sfarzosità e il trionfo di colori degli stadi stridono con la povertà del Paese, afflitto da una sperequazione socio-economica ulteriormente rivelata e gridata durante le numerose manifestazioni antecedenti il torneo.
Ma il grido sembra essere un sussurrio nel frastuono dei tamburi, delle trombe, dei coriandoli, dei colori (il grigio non si addice al Brasile e anche i media tendono a sfumare e disperdere le bigie contestazioni presenti appena fuori dagli impianti sportivi).

Tuttavia si sa che il calcio in Brasile (e non solo) è come una religione o uno stile di vita: si può essere in disaccordo, si può contestare, si può minacciare di boicottarlo... Quando, però, Thiago Silva (17 milioni di euro all'anno) passa la palla a Neymar (20 milioni) che salta tre difensori e insacca, il megafono passa dalla critica all'esultanza. E quando Julio Cesar respinge due rigori, osservando il terzo terminare la sua corsa sul montante, decretando così l’eliminazione della formazione andina, l’appellativo che gli viene affibbiato è solenne e automatico: EROE.

E sì che, almeno all'anagrafe, la nazionale carioca un “eroe” ce l’avrebbe già... Quel centravanti possente (e non poteva essere diversamente) che risponde al nome di Hulk! Ma per una sera l’omonimo del verdastro paladino targato Marvel deve lasciare spazio all'agile sosia di Buzz Lightyear, il nuovo “eroe”.
Prima di lui gli “eroi” di Giappone e Corea 2002, gli “eroi” di U.S.A. ’94, gli “eroi” di Messico ’70... E, guardando in casa nostra, non siamo certo da meno con gli “eroi” di Germania 2006, Spagna ’82 e, perché no, Italia ’34 e Francia ’38 (che, data l’età, sono in attesa di beatificazione).

Chissà cosa sarebbe accaduto se il tiro del cileno Pinilla, al 120° minuto, fosse terminato in rete anziché sulla traversa, sancendo la sconfitta della Seleção... Magari staremmo parlando di lutto nazionale, di disperazione, di saudade, di scontri, di insulti... E anche gli eroi tornerebbero ad essere uomini. Uomini come gli otto operai deceduti durante la realizzazione degli stadi.

Ma per quelli, senza scomodare gli eroi, un minuto di silenzio, tra coriandoli e colori, è più che sufficiente.