sabato 24 dicembre 2022

Jacob Marley: la condanna dell'avarizia da Dante a Dickens


Chi non conosce il Canto di Natale di Charles Dickens? Fin da bambino, grazie a una divertentissima e frizzante trasposizione cinematografica di Brian Henson e dei suoi Muppet (Festa in casa Muppet, 1992), me ne innamorai!

Il ricordo si fa maggiormente nitido ed emozionante alla vigilia di Natale, perché fu proprio nella notte tra il 24 e il 25 dicembre del 1843 che gli spiriti del Natale passato, presente e futuro fecero visita al vecchio avaro Ebenezer Scrooge, protagonista della storia, per favorirne la redenzione.

Pensando a questo usuraio senza cuore e alla sua nottata piuttosto movimentata, tra fantasmi, ricordi e premonizioni, talvolta ci si dimentica del primo spettro incontrato dallo strozzino inglese: lo spirito di Jacob Marley, il suo socio in affari, morto esattamente sette anni prima di quella terrificante apparizione.

Per descrivere l'ex collega di Scrooge e per sottolineare, con cruda realtà, quanto le attività spregiudicate di Marley avessero poi condizionato la vita ultraterrena di quest'ultimo, Dickens si affida al contrappasso in perfetto stile dantesco.

Il contrappasso consiste nel condannare il peccatore a una pena che può essere, per analogia, equivalente al peccato commesso in vita; oppure, per contrasto, opposta al medesimo peccato.

Ad esempio, nel II Cerchio dell'Inferno, il contrappasso per analogia si può notare nella pena inflitta ai lussuriosi che come in vita si lasciarono trasportare dal vento delle passioni, così nell'Aldilà vengono incessantemente sollevati e scaraventati da una tempesta, una «bufera infernal, che mai non resta, / mena li spirti con la sua rapina; / voltando e percotendo li molesta».

Il contrappasso per contrasto, invece, viene esemplificato nell'Antinferno dove gli ignavi, che vissero «sanza 'nfamia e sanza lodo», senza mai schierarsi, senza provare alcuno stimolo nel perorare e nel difendere un qualsiasi ideale, sono costretti a rincorrere un'insegna «che girando correva tanto ratta», mentre mosconi e calabroni li pungono implacabilmente. Come se non bastasse, il Poeta pone sotto i loro piedi nudi innumerevoli vermi schifosi che, strisciando viscidamente, si nutrono del sangue, del sudore e delle lacrime versate dai suddetti peccatori.

Tornando a Dickens, la descrizione che fa di Marley si avvicina alla cruenta rappresentazione con cui il rimatore fiorentino ritrae i suoi dannati, sia fisicamente che allegoricamente, senza tuttavia rinunciare al piglio ironico che lo contraddistingue.

Lo spettro di Marley «emanava un certo bagliore livido, come un gambero andato a male in un ripostiglio scuro»; un fazzoletto gli avvolgeva il mento, correndo ai lati del volto fino ai capelli che, dritti sulla testa, fluttuavano con il resto del corpo, trasparente.

Ciò che tuttavia richiama la pena del peccatore era la pesante catena, stretta alla vita, che Marley trascinava. «Era lunga - scrive Dickens - e gli si avvinghiava intorno come una corda. Scrooge notò che era fatta di scrigni, chiavi, lucchetti, libri mastri, fogliacci e pesanti borse d'acciaio».

La venalità e l'attaccamento ai beni materiali che Marley ebbe in vita si traducono simbolicamente negli anelli e negli oggetti che lo opprimono. Un contrappasso per analogia, dunque: come durante la sua esperienza terrena accumulò denaro senza volersene mai separare, così, nel racconto di Dickens, è costretto a trascinare faticosamente con sé le sue "ricchezze", senza potersene liberare. 

Un supplizio che rivela una certa affinità con quello inflitto da Dante agli avari nel IV Cerchio. Qui, insieme ai prodighi, gli avari sono costretti a spingere con il petto grossi pesi (forse massi o forse, come nell'illustrazione di Gustave Doré, sacchi colmi d'oro), compiendo, lungo il percorso, un semicerchio. Specularmente, i prodighi sono condannati alla stessa pena e, concluso il tragitto semicircolare, scontrano la loro zavorra proprio contro quella degli avari, provenienti dalla direzione contraria. Dopo essersi scambianti vicendevolmente insulti e accuse, i due foltissimi gruppi di peccatori tornano indietro, destinati a incontrarsi nuovamente nella punto opposto. 

Nonostante i dantisti non abbiano unanimemente sostenuto che i pesi spinti dagli avari rappresentino metaforicamente i patrimoni accumulati, non c'è dubbio che ci sia una certa attinenza tra i fardelli sopportati da Marley e quelli urtati dai peccatori infernali, tra la sofferenza dello spettro inglese e quella dei dannati della prima cantica: rappresentazioni che non mirano esclusivamente ad ammonire il Poeta o a redimere l'usuraio Scrooge, ma che intendono esortare l'umanità a una gestione maggiormente responsabile delle proprie risorse.

Due canti, infernale e natalizio, che senza alcun dubbio invitano tanto alla riflessione quanto al miglioramento.

Quindi, anche da parte mia l'augurio a tutti voi di un sereno Natale e di un felicissimo anno nuovo, proprio all'insegna del miglioramento!