Cinisi, 9 maggio 1978: moriva all'età di 30 anni Peppino Impastato, giornalista, speaker radiofonico e attivista siciliano, nonché poeta.

Beh, Peppino Impastato è stato un eroe e l'epiteto è tutto meritato, così come se lo meritano le tante altre persone che si sono impegnate e, tutt'oggi, si impegnano per curare la Sicilia (e non solo) dal cancro mafioso.
Una Sicilia che è inferno e paradiso, una Sicilia in cui le due dimensioni si fondono e dove le campagne brulle, gli ulivi, i limoni, i fichi d'india fanno da cornice paradisiaca, appunto, ai pranzi e agli incontri della criminalità organizzata. E il tutto si mescola e si fonde a tal punto che lo stesso malaffare diventa parte integrante della natura, assumendo il medesimo carattere bucolico e primordiale. Tutto diventa "normale", quando normale non è.
Come racconta Giovanni, fratello di Peppino, qualcosa è iniziato a cambiare quando ci si è resi conto che la mafia non è un fattore naturale e inscindibile dal territorio, quando ci si è resi conto che inferno e paradiso esistono e bisogna tenerli ben distinti.
Tramite l'informazione, l'inchiesta, la cultura, la satira e la denuncia, Peppino e i suoi amici si sono attivati per smascherare questa "normalità" malata.
38 anni fa, cavalcando l'onda dello stragismo e del terrorismo rosso e nero caratterizzante i cosiddetti "anni di piombo", Cosa nostra mise a tacere la voce di Peppino, cercando di spacciare il suo omicidio per un attentato-suicidio di stampo politico (grazie anche alla connivenza di alcuni "difensori dello Stato").
Dopo alcuni anni, fortunatamente tale tentativo vide il suo fallimento attraverso la condanna del boss Gaetano Badalamenti, mandante dell'assassinio. Ma oggi la voce si affievolisce quando la TV pubblica trasmette lo sguardo vacuo e impassibile di un altro criminale, Giuseppe Salvatore Riina, mentre promuove il suo libro in cui racconta che pater familias encomiabile sia papà Totò.
E, oggi, le labbra balbettano quando la TV pubblica trasmette le intercettazioni di Pino Maniàci, telegiornalista, anche lui siciliano, paladino dell'antimafia e celebre per le sue inchieste scottanti all'attacco del potere e della criminalità organizzata, pizzicato, però, mentre estorce del denaro e chiede favori ad un sindaco di un comune dell'isola, in cambio del suo silenzio mediatico, e per ciò indagato.
Per questo è importante ricordare l'eroismo di Peppino, perché non so se la Sicilia e l'Italia si meritino molto di più, ma certo devono provarci; e come esistono tanti Riina, esistono tanti Impastato.
E non bastano (e non basteranno) pallottole e tritolo per cancellarne la memoria.